Partinico: tre anni fa ci lasciava il maestro puparo Nino Canino ma la sua arte vivrà per sempre
L’11 aprile di tre anni fa, Partinico e la Sicilia perdevano il più grande maestro puparo esistente, Nino Canino, ultimo esponente della prima famiglia dell’arte dei pupi siciliani, che nel 1828, capostipite Don Liberto Canino, inventò il pupo armato. Cent’anni dopo, il giorni di Natale del 1928, nasceva Nino Canino e il nonno Nino, costruì per il nipote che portava il suo nome il Duca Namo di Baviera. Storie di pupi che nascono e rincorrono la storia, che prendono forma in botteghe dalle luci fioche e da attrezzi antichi. Il nucleo storico dell’opera dei pupi palermitana è rappresentato dalle famiglie Greco che veniva da Napoli e Canino. Da quest’incontro nasce l’opera dei pupi palermitana. Ce lo racconta lo stesso Nino Canino in un intervista – documentario di anni fa di Gioacchino D’Amico e Alessia Capuccini: “Liberto Canino – racconta Nino Canino – era un costruttore di pianini, Gaetano Greco aveva invece un teatro di burattini; sentì un pianino per le vie di Palermo, va da Don Liberto e gli ordinò un pianino. Un giorno si trovò a passare e sentì questo pianino ‘é mio ma che fanno qua’ e vide che facevano Pulcinella e altri burattini, gli venne il desiderio, va al museo a vedere com’era formata l’armatura e così fece uno schizzo nella carta e fece il primo pupo che era una femmina, Bradamante, nel 1928; da allora in poi ne costruì centinaia, quand’ebbe una quantità per poter rappresentare, quel Greco ha dovuto chiudere; divennero comunque compari”.
Da quel lontano 1828 La famiglia Canino costruisce e rappresenta il mondo magico del teatro dei Pupi, con il ciclo carolingio di Carlo Magno, Orlando e Rinaldo e l’immancabile farsa finale della tradizione siciliana, rappresentata spesso dalle performance esilaranti di Nofrio e Virticchio. Nino Canino, appresa l’arte dal padre Vincenzo, costruisce e accudisce amorevolmente i suoi pupi come figli, si emoziona nel perlarne, vedendoli crescere e rappresentare il suo mondo. Persona solare e riservata come i siciliani, inizia a vent’anni a Trappeto, in provincia di Palermo, poi Sciacca, Balestrate, Termini Imerese, Carini. Sempre ammaliando e coinvolgendo gli spettatori con la sua arte eccelsa. Nel 1953 si trasferisce a Partinico che grazie alla sua opera diventa città dei pupi siciliani. Nino Canino riesce con amore e dedizione a portare nel mondo l’opera dei pupi, dentro una società statica e refrattaria al progresso, lui va in Svezia, in Norvegia e in Danimarca. Nel 1968 si trasferisce nel quartiere latino di Parigi, ammaliata da quel signore longilineo che con voce ferma riusciva a far sognare i francesi con le gesta dei loro capostipiti. Nel 1973, il Presidente della Repubblica, Giovanni Leone, lo nomina cavaliere al merito del lavoro. Ritorna in Francia per girare per la televisione d’oltralpe 286 episodi della saga dei Paladini di Francia. E’ il segno della grandezza dell’opera di questo maestro siciliano che andrebbe ricordato

almeno con l’intitolazione di una via della sua amata Partinico. Oggi a tre anni dalla scomparsa, le figlie Maria Pia e Laura, con l’Associazione Culturale Nino Canino, portano avanti la secolare tradizione, in una deliziosa casa museo nei locali della Real Cantina Borbonica di Partinico. “L’11 aprile del 2015 ci lasciava il Cav. Nino Canino – dice Maria Pia Canino – da quel momento ciò che dal 1828 era sempre stato tramandato da padre in figlio, per Laura e me, raccoglierne l’eredità diventa il quotidiano impegno a divulgare quest’arte antica, affinchè anche le nuove e future generazioni possano apprezzarne il significato storico e culturale”.
Antonio Catalfio