Partinico: alla Casa di Cura Igea i pazienti supportati dal Servizio Psicologico e Sociale
Non siamo in Svizzera, ma in una ridente cittadina della provincia di Palermo. A Partinico, 34.000 abitanti, è attiva dal 1951 la Casa di Cura Igea, ex Clinica Patti, specializzata in Ortopedia e Riabilitazione Intensiva Ortopedica. Dall’agosto dello scorso anno la Struttura sanitaria ha dato maggiore spazio all’attivita di psicologo e assistente sociale. L’integrazione nello staff degli operatori sanitari della Clinica della dott.ssa Cinzia Di Legami, Psicologa e della dott.ssa Maria Concetta Papa, Assistente Sociale, ha contribuito grandemente alla maggiore definizione del progetto generale di presa in carico globale del paziente, specialmente nell’ottica della Medicina di Genere, al cui gruppo di lavoro le due professioniste collaborano attivamente. L’intervento psicologico in ambito sanitario è di fondamentale importanza, spesso si tende ad affrontare il percorso di un intervento chirurgico attraverso un’ottica esclusivamente medica, non considerando gli aspetti psicologici in modo formale e sistematico. Questi, infatti, sono al massimo delegati alla sensibilità e alla libera iniziativa dei singoli professionisti. I vertici della struttura partinicese fanno del loro meglio per mettere in atto le attuali evidenze in ambito scientifico che indicano come le componenti mentali giocano un ruolo di assoluta importanza nel “recupero” del paziente.
Il risultato di un intervento di cura, – dice Cinzia Di Legami – come benessere soggettivo del paziente, va al di là della congruità anatomica e fisiologica e non può trascendere dal fattore umano, cioè dall’esperienza di percezione ed espressione del proprio corpo che origina nella mente e condiziona l’esprimersi del corpo stesso. Il corpo, oltre che funzionare secondo le direttive dei propri apparati anatomo – fisiologici, funziona seguendo le dinamiche emotive e cognitive che costituiscono quel sistema che chiamiamo psiche. L’umore, l’autostima, le convinzioni, influiscono infatti in modo decisivo sul buon esito del percorso di cura, riabilitativo e sulla qualità di vita della persona”. Lo stress relativo alla decisione di sottoporsi ad un importante intervento chirurgico e successivamente l’essere ricoverati in ospedale per subire un’operazione, può in molti casi generare ansia, paura e un forte stato emotivo. L’essere allettati, privi dell’ autonomia in quasi o tutte le funzioni di base può generare vissuti di vergogna, impotenza e frustrazione, oltre a provocare dolorose ferite nell’autostima. L’allontanamento dalla normale routine di vita, dalla casa, dal lavoro, dalle abitudini e soprattutto dall’affetto dei cari ingenera quasi inevitabilmente un senso di solitudine, spaesamento e confusione. “Il post operatorio, – dichiara la dott.ssa Pepa Patti, componente del Cda e Resposabile del Gruppo di Lavoro Medicina di Genere – può determinare sentimenti di fragilità. La percezione del dolore varia anche a seconda dello stato emotivo del paziente; proprio questo aspetto è. al momento, oggetto dell’impegno del gruppo di lavoro della medicina di genere (ne sono componenti i dottori Giuseppe Sposito, Nino Galdino, Salvo Alessandra, Antonio Catalfio e, come già detto, le dottoresse Cinzia di Legami, Maria Concetta Papa e Pepa Patti ndr)”.
Alla luce di queste nuove consapevolezze appare doveroso che un reparto chirurgico, nello specifico, il reparto di ortopedia, che si trova a gestire la persona in fase pre, peri e post operatoria proponga e offra una cura e una presa in carico globale della persona nella sua interezza. Lo psicologo lavora in collaborazione con l’equipe di ortopedia con il compito di promuovere il benessere della persona, trattando quegli aspetti psicologici (ansia, depressione, paura, ecc) che proprio perché correlati al malessere fisico necessitano di essere affrontati al fine di ottenere un miglioramento globale. Prendersi cura della persona anche dal punto di vista del sostegno psicologico comunica un senso di accoglienza e calore umano che aiuta a fronteggiare le difficoltà emotive e fisiche che si trova a vivere . La riabilitazione non si fa “alle” persone ma “con” le persone; la partecipazione attiva del paziente è pertanto uno degli aspetti essenziali del percorso di cura. “Il colloquio motivazionale – continua la dott.ssa Di Legami – diventa pertanto uno degli elementi cardini del lavoro dello psicologo. I pazienti che vivono con difficoltà il periodo del trattamento riabilitativo, hanno bisogno di esternare le loro difficoltà e le loro emozioni e nel contempo di conoscere i meccanismi di reazione agli stressor per ritrovare nella consapevolezza e nell’empatia la forza e la volontà al cambiamento e la possibilità di migliorare la compliance e l’alleanza terapeutica”.
Il sostegno psicologico al paziente e una buona comunicazione rappresentano un momento strategico dell’assistenza, intesa come elemento qualificante del servizio offerto e come legittima aspettativa del paziente e dei suoi familiari. Lo psicologo inoltre appartenendo a un team si preoccupa di integrare la propria funzione con le altre professionalità al fine di rendere un “servizio”individualizzato e personalizzato. Sempre nell’ottica della qualità del benessere del paziente altro aspetto curato dallo psicologo in collaborazione con l’assistente sociale è l’attenzione rivolta ai processi di customer satisfaction corrispondente al grado di soddisfazione dei pazienti nei confronti del “servizio” offerto con l’obiettivo del miglioramento continuo. Ogni azione dello psicologo viene condotta nell’ottica della prevenzione e della promozione della salute, e si vuole pertanto cogliere l’opportunità di diffondere la consapevolezza dell’importanza dei fattori psicologici nell’ambito della riabilitazione post intervento.
Riveste uguale importanza la figira dell’Assistente Sociale, che lavoro in stretto contatto con lo psicologo. L’ Assistente Sociale all’interno della clinica cerca di favorire un buon orientamento dei pazienti, e di conseguenza dei familiari, nelle diverse procedure di riconoscimento dei diritti perseguibili a seguito di un’attenta attività di accoglienza, ascolto, presa in carico.
“L’Assistente Sociale, in sinergia con la psicologa, – dichiara ancora la dott.ssa Pepa Patti – gestisce le situazioni complesse che si possono verificare e possono causare un disagio al paziente e/o al nucleo familiare, come conseguenza di un evento clinico acuto o della gestione a lungo termine di condizioni che si cronicizzano.
Fondamentale è l’azione sinergica ed integrata in primis con il team Multidisciplinare intraospedaliero, con i Servizi Territoriali, del paziente e dei familiari necessaria per assicurare la definizione e la continuità del percorso di cura, dando così luogo all’integrazione socio-sanitaria, così come previsto dal “Percorso Diagnostico Terapeutico Assistenziale Frattura del Femore” (PT.ORT.02 Rev 4 del 03/11/2020).”
L’ Assistente Sociale – dice la dott.ssa Maria Concetta Papa – fa parte del team multidisciplinare per l’elaborazione del progetto riabilitativo, pur agendo indipendentemente per ciò che concerne la propria competenza ed esperienza, gli strumenti utilizzati sono i colloqui, le riunioni di équipe, il confronto con gli operatori e raccolta documentazione come eventuali verbali di invalidità civile, L. 104/92 ecc.. qualora il caso lo richieda . Lo strumento principale è il colloquio che può avere il fine di raccogliere informazioni e dati o che cerca di chiarire ed approfondire

- i vari aspetti del problema utili a far “aprire” la persona sulla necessità presentata, farle sentire intorno un clima di sostegno, comprensione, disponibilità sempre all’interno di un rapporto professionale. Tutto avviene in un clima in cui vige la discrezione e riservatezza, imposte dal rispetto verso la persona che si vuole aiutare e il segreto professionale relativo a tutte le informazioni avute durante i colloqui con l’utenza”.
Quindi la presenza dell’assistente sociale svolge attività di Segretariato Sociale: eroga informazioni sull’esistenza dei servizi e delle risorse socio sanitarie del territorio in base alla problematica da contenere e/o superare; opera un intervento di chiarificazione e sostegno: ausilio nella focalizzazione di carenze di natura conoscitiva riguardanti gli aspetti sociali e personali al fine di assicurare un sostegno alla comprensione delle problematiche ed attivare efficaci percorsi di intervento; fornisce informazioni circa il percorso post-dimissioni dando il supporto sulle procedure che consentano l’attivazione dei percorsi di continuità assistenziale così come previsto dal “Percorso Diagnostico Terapeutico Assistenziale Frattura del Femore” (PT.ORT.02 Rev 4 del 03/11/2020), soprattutto per i pazienti cronici o post-acuti con patologia severa.
I Suddetti percorsi comprendono:
– la dimissione facilitata che consente al paziente di passare dalla struttura al proprio domicilio attraverso il collegamento pre-dimissione con la rete territoriale per l’attivazione dell’ADI (assistenza domiciliare integrata), che a sua volta prevede il coinvolgimento del Medico di Medicina generale del paziente, l’attivazione da parte dell’ASP dell’UVM di competenza territoriale, la definizione del PAI e l’attivazione delle cure domiciliari da parte dell’UVM.
– la dimissione protetta, che vede di solito il passaggio dalla dimissione del paziente e il suo trasferimento presso un hospice o RSA al fine di assicurare la continuità del processo di cura ed assistenza. Tale dimissione è riservata ai pazienti non autosufficientie che non hanno un contesto familiare domiciliare idoneo alle cure richieste.
– la dimissione che prevedono l’invio in strutture riabilitative odi lungodegenza. Sarà il team multidisciplinare della clinica a valutare se il paziente necessita o meno o di una riabilitazione ortopedica estensiva con l’invio presso il Dipartimento Oncologico la Maddalena di Palermo con cui la clinica è in convenzione, o l’invio presso l’U.F. di riabilitazione ortopedica intensiva della Casa di Cura o di altra struttura”.
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