22 Ottobre 2024
Isola delle FemminePrimo piano

Isola delle Femmine: intitolata una strada al piccolo Giuseppe di Matteo, vittima della mafia

Alliberateve de lu cagnuleddu” (“sbarazzatevi del cagnolino”).

Questo era stato l’ordine con cui il boss Giovanni Brusca aveva decretato la fine del piccolo Giuseppe Di Matteo, strangolato e sciolto nell’acido l’11 gennaio 1996, a San Giuseppe Jato, dopo 779 giorni di prigionia, per punire il padre Santino dall’“imperdonabile” colpa di aver scelto di collaborare con la giustizia, rivelando segreti e retroscena sulla Strage di Capaci.

Nessuna colpa, se non quella di avere un padre mafioso, divenuto collaboratore di giustizia.

La nuova via Giuseppe Di Matteo

Strangolato con una corda e sciolto nell’acido, a soli 14 anni, semplicemente perché il “papà aveva fatto il cornuto”, secondo la ricostruzione fatta, durante il processo, da Vincenzo Chiodo, uno degli assassini. Sciolto nell’acido per non lasciare tracce né una tomba su cui piangere alla famiglia.

Il rapimento

Amante dei cavalli ed appassionato di equitazione, Giuseppe era stato rapito, a soli 12 anni, il 23 Novembre 1993, in un maneggio di Piana degli Albanesi, da un commando di uomini di Brancaccio, travestiti da agenti della Dia, su ordine dei capimafia Giuseppe Graviano, Matteo Messina Denaro, Leoluca Bagarella e Giovanni Brusca.

Il piccolo Di Matteo, che non vedeva il padre da 5 mesi (perché lontano dalla Sicilia per motivi di sicurezza), pagò a caro prezzo il suo smisurato affetto per il papà, lasciandosi ingannare da quegli uomini con il sorriso, che gli promettevano di portarlo nella località segreta in cui si trovava il genitore.

Per i mafiosi, Giuseppe altro non era che uno strumento di ricatto ed intimidazione per convincere il padre Santino a ritrattare le accuse e tenere chiusa la bocca. Invece, era solo un ragazzino innocente a cui mancava il papà.

Le dichiarazioni di Gaspare Spatuzza

Un martire inconsapevole della mafia che, da quel momento, non avrebbe più rivisto né il padre né la sua famiglia né i suoi amici né i suoi compagni di scuola. «Agli occhi del ragazzo siamo apparsi degli angeli, ma in realtà eravamo dei lupi» disse, in seguito, Gaspare Spatuzza, che prese parte al rapimento.

La mafia non uccide i bambini”, “Gli uomini d’onore non toccano i bambini” era la regola di Cosa Nostra, tramandata da sempre. L’omicidio efferato di Giuseppe Di Matteo è la dimostrazione che, nella mafia, non esistono codici d’onore da rispettare, ma che anche i picciriddi, che prima non si potevano toccare, adesso dovevano pagare per le colpe dei loro padri.

Tutte le vite spezzate di quei poveri innocenti, tutti quei sogni d’infanzia andati in frantumi, tutte quelle favole senza un lieto fine sono la prova che i mafiosi non hanno onore.

Il momento dell’intitolazione

L’appello di Padre Maurizio Patriciello

A distanza di 27 anni da quel tragico evento, raccogliendo l’appello di Padre Maurizio Patriciello, sacerdote del Comune di Caivano (Napoli) finito sotto scorta per la sua battaglia in prima linea contro la camorra, l’Amministrazione comunale di Isola delle Femmine, guidata dal sindaco Orazio Nevoloso, ha deciso di onorare la memoria del piccolo Giuseppe Di Matteo intitolandogli una strada, nei pressi di Via San Giovanni Bosco, di fronte la scuola dell’infanzia.

«Consegniamo ai nostri bambini – ha dichiarato il Sindaco – la testimonianza di una storia orribile che ha segnato e continua a segnare le fondamenta morali di chi ne viene a conoscenza. La crudeltà che ha macchiato le mani, le menti e in generale l’esistenza di chi ha deciso di sequestrare, di tenere prigioniero per 779 giorni un bambino, per poi strangolarlo e scioglierlo nell’acido, non troverà mai un riscatto e un profondo senso di giustizia. Conoscere la storia di questi fatti è il miglior antidoto per le nuove generazioni affinché costruiscano un avvenire diverso, un futuro dove il rispetto per la vita e il rispetto verso il prossimo prevalgano sopra qualunque altro genere di prevaricazione».

Il video della cerimonia

Alla cerimonia di inaugurazione dello scorso 15 Giugno (qui il video integrale), nella quale è stata esposta la targa commemorativa, hanno partecipato, oltre al Sindaco ed alla Giunta comunale, anche il parroco di Isola delle Femmine, don Calogero Governale, i rappresentanti delle istituzioni locali, il viceprefetto di Palermo, Maria Pedone, ed il vicequestore Luigina Di Palo del commissariato di Mondello.

Diceva Cesare Beccaria – ha proseguito Orazio Nevoloso – che ogni delitto, benché privato, offende la società. Io dico che questo delitto non solo offende la Sicilia, ma offende l’umanità intera. Non è certo in questo piccolo gesto che troveremo il sentimento del riscatto, ma è nel lavoro quotidiano di tutte le istituzioni, civili, militari e religiose, che dobbiamo investire per implementare un modello di società solidale e riluttante nei confronti di chi ha in odio la vita. La scelta dell’Amministrazione è ricaduta su una strada molto significativa, in quanto situata proprio di fronte la scuola dell’infanzia e quindi centra in pieno l’obiettivo anche pedagogico dell’iniziativa, che si rivolge primariamente alle nuove generazioni».

La targa che indica la via Giuseppe Di Matteo

Le parole dell’assessore Luisa Tricoli

Nel corso della cerimonia, l’assessore Luisa Tricoli, che ha avviato l’iter amministrativo per la realizzazione della proposta, oltre a ringraziare gli uffici comunali che l’hanno coadiuvata, le istituzioni scolastiche locali e tutti i cittadini che si sono fatti promotori di questa iniziativa, ha voluto porgere pubblicamente i suoi ringraziamenti a don Patriciello, nonostante la sua assenza, leggendo un messaggio che il sacerdote ha voluto inviare alla comunità isolana: «L’idea è quella di far conoscere ai giovani di oggi e di domani il calvario cui fu sottoposto questo bambino innocente. Perché non abbia a ripetersi mai più. Per non dimenticare. Per sperare di essere domani migliori di come fummo ieri. Non c’è un solo incontro con i ragazzi, i giovani, gli adulti, in ogni parte d’Italia, in cui non parlo di Giuseppe Di Matteo. Non c’è una volta che, tra chi ascolta, tanti non escano singhiozzando dall’aula. Grazie! Grazie, sorelle e fratelli amministratori del Comune di Isola delle Femmine. Grazie perché, con la vostra decisione, avete dato la parola alla piccola vittima della disumana barbarie mafiosa. Grazie. Dio vi benedica».

L’emozione della maestra Raia

Emozionanti le parole di Alessandra Raia, una delle maestre della scuola dell’infanzia: «Da settembre un nuovo compagnetto farà parte del nostro plesso scolastico, il piccolo Giuseppe. Farà parte delle nostre classi e sapremo ricordarlo ogni giorno».

Una risposta sicuramente onorevole quella che il sindaco Nevoloso e l’Amministrazione hanno voluto dare alla “chiamata” di don Patriciello, ma anche un messaggio importante che rimanga indelebile nella memoria dell’intera comunità isolana, affinché i nostri figli, nipoti, cugini, amici “non abbiano a soffrire quel che” ha sofferto il piccolo Di Matteo.

«Credevamo di aver risolto il problema, ma andò a finire che quel bambino morto ammazzato sconfisse la mafia. Fu peggio di una sconfitta militare, perché Cosa Nostra perse la faccia e il rispetto della gente» (Giuseppe Monticciolo, uno dei carcerieri di Giuseppe Di Matteo).

Daniele Fanale

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