Un anno fa veniva arrestato Matteo Messina Denaro… in attesa della “borghesia mafiosa”.
La mattina del 16 gennaio 2023 si apriva con una notizia attesa da oltre 30 anni: con una brillante operazione, il ROS (Raggruppamento Operativo Speciale) dei Carabinieri aveva appena arrestato Matteo Messina Denaro, l’imprendibile primula rossa della mafia.
E’ trascorso 1 anno da quella mattina, Matteo Messina Denaro è morto in carcere (dopo soli 8 mesi), come i precedenti boss superlatitanti Riina e Provenzano, la mafia ha quasi completato la sua opera di inabissamento ed è tornata a fare cassa con i metodi classici degli anni ’70: traffico di droga, appalti e rapporti con la politica.
Le solite ipotesi di complotto
Non sono mancate le ipotesi complottiste sull’arresto del super latitante: “si è fatto arrestare perché malato“, “ha sicuramente fatto un patto per garantirsi il futuro” (che non è durato tanto… 8 mesi tra carcere duro e ospedale), “chissà cosa c’è dietro“…
Certo non mancano alcuni punti oscuri da chiarire, ma con il tempo forse, questa volta, riusciremo a saperne di più.
Il Procuratore De Lucia e la “borghesia mafiosa”
Certo sono risuonate strane le parole dette dal Procuratore Capo della Repubblica di Palermo, dott. Maurizio De Lucia, quando durante la conferenza stampa per l’arresto di Matteo Messina Denaro ha citato, e ripetuto può volte anche nei mesi successivi sino ad oggi, la “borghesia mafiosa” che in questi anni ha orbitato attorno al super latitante.
Per chi conosce un pochino di storia della mafia sembra un salto nel passato, quando i capi mafia frequentavano i salotti buoni di Palermo ma anche quelli della politica, dove elegevano propri rappresentanti. Quando con le loro influenze facevano realizzare aeroporti in luoghi ventosi, facevano costruire autostrade in riva al mare, cementificavano città e paesi.
Molti si aspettavano chissà quali scoperte nei covi di MMD, oltre ai vestiti eleganti e le scarpe alla moda. Ci vorrà tempo, ma qualcosa verrà fuori prima o poi. E’ solo una questione di tempo.
L’Agenda Rossa di Paolo Borsellino
Così come oggi, dopo 30 anni, spuntano nuovi testimoni che ricordano dell’Agenda Rossa di Paolo Borsellino, si scoprono “pizzini” scritti dal super sbirro La Barbera che raccontano della stessa Agenda consegnata al Procuratore di Caltanissetta Tinebra (che finchè era in vita non ha mai riferito del fatto). Ma anche che la stessa Agenda fosse stata proposta in custodia ad un’amica della figlia dello stesso La Barbera.
Ma non è che per caso nei prossimi giorni finalmente questa Agenda, improvvisamente, dopo soli 30 anni di ricerche, ricomparirà?
Anche perché la maggior parte dei frequentatori delle sue pagine non sono più tra noi e quelli che ancora lo sono non lo saranno ancora per molto, biologicamente parlando.
Certo, manteniamo ancora il “segreto di Stato” su quanto accaduto a Portella della Ginestra quasi 80 anni fa… non sappiamo ufficialmente chi ha abbattuto il DC9 nei cieli di Ustica, e si scoprono nuove informazioni sul rapimento ed il successivo omicidio di Aldo Moro.
Gaspare Mutolo e TikTok
Ma possiamo consolarci con la new entry su TikTok, o “tikkitokki” come lo chiama lui, con il discorso di capodanno di Gaspare Mutolo, che l’ultimo dell’anno (leggi qui il nostro articolo a riguardo), scusandosi più volte per il video, si è premurato ad informare l’Italia che Giovanni Bontate non aveva tradito il fratello Stefano, perchè ci sono figli e nipoti e sa che cosa possono pensare… citando i soci di Giovani (tra questi una persona “squisita” che si limitava alle costruzioni ed al traffico di sigarette e droga) senza dimenticare il buon Gerlando Alberti, boss di primissimo piano e mandante anche dell’omicidio di Carmelo Iannì a Riva Smeralda a Carini perché aveva collaborato con la Polizia.
Chissà perché a distanza di tanti anni, proprio ora Gaspare Mutolo sente l’esigenza di chiarire questi fatti, noti da almeno 40 anni, e perché aggiunge i riferimenti ai soci di Giovanni Bontate.
Ormai siamo alle barzellette.
I festini, i selfie e le chat
Giorni dopo l’arresto di Matteo Messina Denaro alcune trasmissioni tv nazionali tirarono in ballo la sua frequentazione di feste e festini, in quei luoghi della buona borghesia palermitana. I selfie fatti con i medici che lo avevano in cura, le chat con le signore compagne di chemioterapia, con le quali Massimo Giletti ha fatto numerose puntate di “Non è l’Arena“.
Da allora il silenzio.
Ma il continuo citare la “borghesia mafiosa” da parte del Procuratore De Lucia, ci rende fiduciosi che ancora siamo solo all’inizio e che l’attività della Procura di Palermo questa volta porterà il lavoro sino in fondo.
Almeno così speriamo in tantissimi.