4 Novembre 2024
CariniSpettacoli e Cultura

La Baronessa di Carini, un “caso” ancora attuale.

La Baronessa di Carini, un antico caso di femminicidio che ancora fa parlare di se.

Tutto cominciò quasi per caso nel 1990, quando mio zio, Mons. Vincenzo Badalamenti, alle prese con il suo ennesimo libro su Carini (“Carini nella storia”, pubblicato nel 1992 in occasione del 500° anniversario della Chiesa Madre), mi chiese di collaborare con lui per la realizzazione delle immagini a corredo dei testi e per la correzione delle bozze, mettendomi a stretto contatto con il compianto prof. Giuseppe Schirò, fine archivista e valente storico, che a quel tempo stava riordinando e catalogando l’archivio storico della Chiesa Madre di Carini.

Atti di morte di Laura e Ludovico - Archivio Chiesa Madre Carini
Atti di morte di Laura e Ludovico – Archivio Chiesa Madre Carini

Fu così che cominciai a “frequentare la storia” nel vero senso della parola. Stavo intere giornate a gironzolare per grotte, necropoli preistoriche, ruderi e sentieri; oppure pomeriggi a sfogliare volumi che altri carinesi avevano scritto più di 450 anni prima: il ricchissimo (di notizie) archivio parrocchiale della Chiesa Madre di Carini i cui primi atti risalgono al 1527.

Nel 1994 l’incontro con Vincenzo Giambanco e nel 1995 l’incarico di Direttore della Biblioteca Comunale di Carini furono il completamento di un percorso forse già scritto. Da allora cominciammo a girare per biblioteche, archivi, collezioni private e non abbiamo più smesso.

Ci imbattemmo nella storia di Laura Lanza subito, inevitabile se ti occupi della storia di Carini, e da allora è stato un crescendo di nuove scoperte con una grande mole di documenti inediti, nonostante fossero trascorsi 430 anni dal “caso”. In oltre 20 anni di studio, oggi siamo quasi pronti a

Il gruppo di lavoro
Il gruppo di lavoro

raccontare la vera storia della “Signura di Carini”, nella sua interezza e tragica crudezza. Per questo motivo oggi collaboriamo con uno splendido gruppo di studio che si riunisce in un luogo ispirato: la Villa Reale del Belvedere oggi santuario francescano dedicato a San Massimiliano Kolbe. Del gruppo fanno parte le dottoresse Vita Russo, Mariella Russo, Marianna Amato, i dottori Giovanni Filingeri e Innocenzo Glorioso ed il maestro Daniele Lo Piccolo.

Un gruppo affiatato che ha deciso di condividere le proprie conoscenze ed i propri studi al solo fine di raccontare cosa accadde quel 4 dicembre 1563 al Castello di Carini.

Il gruppo di lavoro si confronta
Il gruppo di lavoro si confronta

Sono centinaia gli autori che si sono occupati dell’Amaru Casu di la Signura di Carini, da quando Salvatore Salomone Marino cominciò il suo lavoro di ricostruzione prima della “canzunedda” e poi della storia vera; tra questi anche grandi autori italiani, da Leonardo Sciascia a Pier Paolo Pasolini. Dal poemetto che i cuntastorie raccontavano per le strade, il cui nucleo fondante è stato scritto da un autore colto e competente che abbiamo individuato in Antonello Veneziano (forse il più grande poeta siciliano di tutti i tempi), passando per le scarne righe del Paruta o del marchese di Villabianca, per poi tornare negli anni ’80 ad un poemetto del 1568 dimenticato e scoperto per caso alla Biblioteca Ambrosia di Milano, scritto da Girolamo d’Avila da Siracusa, che svela finalmente il perché “Chianci Palermo, chianci Siracusa…”.

Albero genealogico - Archivio La Grua
Albero genealogico – Archivio La Grua

Negli ultimi 100 anni polverosi archivi hanno restituito decine e decine di documenti inediti che raccontano la vera storia di Laura, Vincenzo e Ludovico. Nessun depistaggio, nessun documento nascosto. Il “Caso” era noto e famoso nella Sicilia del tempo e non solo; nessuna cancellazione di nomi e personaggi, nessun oblìo. Della storia di Laura si raccontava nelle “Accademie” di poeti e scrittori, i notai ne registrarono la vicenda ed anche i cronisti dell’epoca pur nella scarno limite di poche righe. Per il diritto dell’epoca non era accaduto nulla di anormale, come successo a decine di altre nobili donne siciliane.

Dalle carte si evince solo che la storia tra Laura e Ludovico era nota a tutti, marito compreso e forse pure al padre, il quale però non ha esitato a sacrificare la figlia per ragioni di interessi economici e di prestigio familiare. La lite per il potere diede maggiore risalto al “Caso” e forse questo spinse alcuni poeti a raccontarne la storia. Probabilmente fu proprio il coinvolgimento di questi poeti colti a dare fama alla vicenda che noi, a distanza di quasi 500 anni, ancora dibattiamo e discutiamo.

Da questi anni di studi e scoperte sappiamo ormai con certezza che la sepoltura di Laura Lanza è in Chiesa Madre a Carini: ce lo ricordano l’atto di morte trascritto nel Registro dei morti, le rendite per le messe a suffragio, gli atti di alcuni notai (alcuni scrivono che la “Signura di Carini morio di mala morti”) e probabilmente anche la descrizione della Chiesa Madre da parte di vescovi in visita pastorale, che riportano come nell’altare maggiore vi era la “cassa di legno coperta da un drappo di damasco con i resti della Signora di Carini”.

A scanso di qualunque equivoco con ricostruzioni di fantasia e non supportate da alcun atto, la Chiesa Madre di Carini nel 1563 era l’attuale, un cantiere in evoluzione ma in piena funzione, come si evince chiaramente dalla descrizione che ne fanno i vescovi in visita, entrando nel dettaglio dei singoli altari presenti e come scrivono decine di notai che registrano i lavori in corso.

Laura Lanza è stata sepolta nella cripta di famiglia dei Signori di Carini, i La Grua Talamanca, realizzata per volontà testamentaria di Pietro II La Grua Talamanca e completata probabilmente poco prima della morte di Vincenzo II La Grua, avvenuta nel 1592.

I legati per la sepoltura di Pietro II La Grua e la Cappella della Beata
I legati per la sepoltura di Pietro II La Grua e la Cappella della Beata

Grazie ad un paziente lavoro di ricerca si è individuata l’area dove si trova la cripta privata dei La Grua Talamanca e perché di essa si sono perse, nel tempo, le tracce. Come scritto venne realizzata per volontà di Pietro II che nel 1535 lasciò oltre 200 onze per la sua realizzazione, a fronte di 100 onze di lascito per i lavori di ampliamento della Chiesa Madre ed ulteriori 100 onze per la realizzazione di un monumento marmoreo da collocarsi al suo interno. La cappella-cripta doveva essere intitolata alla Beata Maria dello Rito, chiaro riferimento non alla Madonna di Loreto quanto alla Madonna con Bambino, icona venerata nel “rito” bizantino della moglie di Pietro, la baronessa Eleonora Tocco Manriquez discendente dagli imperatori di Costantinopoli.

La cappella-cripta si trovava sotto l’altare maggiore della Chiesa Madre ed aveva il suo ingresso con una scalinata chiusa da una doppia lastra in marmo che oggi si trova all’interno della Cappella del Castello La Grua Talamanca. Al suo interno sono stati sepolti, oltre a Pietro II, anche il figlio Vincenzo II, il di lui figlio Pietro, Laura Lanza, Ninfa Ruiz, Vincenzo III e la moglie Vincenza, Vincenzo IV e la moglie Anna. Quando i Principi di Carini si trasferirono definitivamente in Francia, a metà del 1800, in occasione del rifacimento della pavimentazione della Chiesa Madre (che fino ad allora era costituito da mattoni di cotto realizzato agli inizi del 1700) la cripta venne chiusa e murata. Così scrive l’arciprete di Carini ad una richiesta esplicita del Salomone Marino, alla ricerca della sepoltura di Laura Lanza.

Per verificare quanto scritto dai notai, dai vescovi nelle loro visite pastorali e nella nota dell’arciprete al Salomone Marino, negli anni abbiamo più volte effettuato indagini “tecnologiche” nell’altare maggiore della Chiesa Madre. Ben 3 prospezioni del sottosuolo utilizzando il georadar, in 3 distinti periodi e con 3 diversi strumenti: nel 1998, nel 2008 e nel 2015, che hanno evidenziato come nel sottosuolo siano presenti delle difformità che potenzialmente possono essere dei vuoti o dei riempimenti disomogenei. Alcune di queste difformità sono state indagate con dei saggi che hanno sempre dato esito positivo, consentendo il ritrovamento di alcune cripte e colatoi, riscontrate in seguito anche dalle fonti archivistiche degli atti di notai del 1600 e del 1700, in particolare i notai Lo Vecchio (padre e figlio).

Rimane da indagare, o meglio “saggiare”, l’area della cripta dei La Grua Talamanca, impresa resa complicata dai lavori fatti realizzare nel 1959 da parte di Mons. Bertolino, il quale fece rifare totalmente l’altare maggiore della Chiesa Madre, alzandolo di circa 50 cm con la realizzazione di 2 gradini e relative piattaforme, oltre alla successiva collocazione della mensa da celebrazione in corrispondenza di dove si trovava l’accesso alla scala che portava alla cripta-cappella.

Atto di morte di Pietro La Grua, figlio di Laura e Vincenzo
Atto di morte di Pietro La Grua, figlio di Laura e Vincenzo

Tutte le fonti indicano che Laura Lanza venne sepolta nella cripta-cappella dei La Grua Talamanca e che il marito, in seguito, dispose che in suffragio della sua anima venissero celebrate 5 messe la settimana, come per il figlio primogenito Pietro morto all’età di circa 15 anni 4 mesi prima che Laura venisse uccisa insieme a Ludovico Vernagallo.

Manca ormai poco alla scoperta di Laura, ma gradiremmo che ciò avvenga nei tempi e nei modi che la storia vorrà e non per una mera speculazione.

Ambrogio Conigliaro

Giornalista pubblicista, guida AIGAE ed esperto di educazione ambientale, nel 2005 fondo Il Vespro dopo aver collaborato per anni con Carini Oggi. Lavoro per Legambiente nella Riserva Naturale Grotta di Carburangeli.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.